mercoledì 31 ottobre 2007

Una partenza non democratica

Arturo Parisi lancia l'allarme dopo la nomina per acclamazione dei vertici e delle regole primarie del nuovo soggetto politico"Una partenza non democratica. Walter cambi o potrei cambiare".

Il ministro della Difesa: "A Milano abbiamo sprecato un'occasione"
Sulla legge elettorale "Veltroni ha confermato la sua contrarietà al sistema tedesco"

"Una partenza non democratica, Walter cambi o potrei cambiare"
Il ministro della Difesa Arturo Parisi, uno dei padri fondatori del Pd.

ROMA - "Un'occasione sciupata, se non addirittura sprecata". Arturo Parisi sospira. Quasi non vuole credere a quello che è successo sabato all'Assemblea del Pd. "Con tre colpi di sciabola", è stato definito l'intero organigramma. Una procedura cui mettere riparo, altrimenti "non potrei non interrogarmi sulla possibilità di aderire". "E dire - premette il ministro della Difesa - che nella mattinata la consonanza profonda tra la relazione di Veltroni e quella di Prodi, mi avevano indotto a riconoscere nel Pd di Veltroni una nuova stagione dell'Ulivo. Una stagione guidata dalla stessa speranza che ci ha guidato negli ultimi 15 anni".

E poi cosa è successo?
"La gelata del pomeriggio non ci voleva".

Si è discusso poco?
"No, non si è discusso per niente. Se ci si fosse fatti carico di continuare sotto il segno dell'unità il cammino che stavamo aprendo, si sarebbe potuto anche accettare la riduzione di quello che era il primo passo del partito ad un momento di festa. Ma l'unico rischio che un Partito Democratico non può correre è quello di minare la base della qualifica di 'democratico' ".

Cioè?
"In tre minuti l'assemblea si è vista paracadutare dall'alto un partito preconfezionato. L'inesorabile finale del disegno iniziale. La conferma definitiva del peccato d'origine che ci aveva portati a pensare come primo atto del partito la consacrazione plebiscitaria del segretario designato dai vertici dei partiti passati, anziché il riconoscimento delle ragioni ideali del partito. E poi la sanzione di un vicesegretario prima ancora di definire nello statuto la presenza e i poteri di una figura di questo tipo".

Insomma si è perseverati nell'errore?
"È così. Questa era un'assemblea costituente e non una festa costituente. I partiti sono chiamati ad anticipare al loro interno la visione della democrazia che propongono ai cittadini come regola della Repubblica. Qui si è fatto tutto con tre colpi di sciabola. Chi avrebbe il coraggio, chi potrebbe mai essere orgoglioso di essere cittadino di una Repubblica governata con questo metodo?".

E la responsabilità è di Veltroni?
"Dal punto di vista formale mi sembra fuori discussione. Mi rendo anche conto che le condizioni in cui si è svolta l'Assemblea possono essere considerate delle attenuanti. Quello che mi preoccupa è l'indebolimento della cultura della legalità nei partiti. Sembra non interessare più a nessuno".

Anche Prodi in qualità di presidente del partito ha delle colpe?
"È evidente che se noi disponiamo di uno statuto che configura delle responsabilità, tutti quelli che fanno parte di quel processo ne sono coinvolti. A cominciare dalle mie responsabilità, dalle azioni ed omissioni che sento di dover imputare a me stesso come membro del comitato dei 45. Ma Romano ha una collocazione diversa, un ruolo distinto".

Quali sono le conseguenze?
"Dobbiamo mettere riparo a quel che è accaduto. Ma bisogna prima verificare se esista o meno una condivisione di giudizio".

E se non riscontrasse questa "condivisione di giudizio"?
"Ognuno deciderà ciò che la coscienza gli suggerisce. Abbiamo detto che partecipare al processo costituente non corrispondeva ad una adesione al partito, ma alla condivisione di una speranza, alla accettazione di una scommessa. È una scelta che farò da cittadino e da eletto all'Assemblea caricato almeno del dovere di dare conto dell'aggettivo "democratico" che abbiamo scelto per il partito".

È il primo effetto del partito "liquido", senza tessere?
"Quello che mi preoccupa è il partito delle tessere non quello dei tesserati. Io sono per il partito dei partecipanti, che si affida nelle grandi scelte alla partecipazione dei cittadini, e alla partecipazione degli aderenti per le scelte quotidiane. Noi corriamo invece da una parte il rischio di un partito inesistente e personale, e dall'altra parte di un partito anche troppo esistente come sempre nelle mani delle oligarchie costituite. Vorrei evitare il rischio peggiore. Sommare cioè i due rischi, dando luogo ad un partito oligarchico a livello locale e liquido a livello nazionale".

Da Veltroni si attendeva una linea diversa anche sulla riforma elettorale?
"È stato prudente. C'è stata una certa incompiutezza ma era doveroso accettare le sue spiegazioni per consentire al confronto la massima apertura. Mi sembra, comunque, che sia stata confermata la sua contrarietà - o il minor favore - nei confronti del sistema tedesco o pseudo-tedesco. In presenza delle diverse posizioni, svolte con chiarezza da D'Alema e Rutelli, nella prudenza di Veltroni ho visto il segno di una svolta. Forse è solo la mia speranza. Ma a questa mi aggrappo".

Un passaggio decisivo riguarda la possibilità per il Pd di presentarsi alle prossime elezioni senza la sinistra radicale. È un rischio per il governo Prodi?
"Vocazione maggioritaria significa sentirsi chiamati a governare da soli, ma con la consapevolezza dei propri limiti. Nel partito c'è chi crede che il nuovo soggetto nasca per dare compimento al progetto dell'Ulivo. Ci sono altri, che con coraggio, - lo dico senza ironia - ritengono che esso sia invece lo strumento per poter uscire dalla stagione dell'Ulivo. Non vorrei che qualcuno pensasse ancora al Pd come ad una gamba di un sistema duale: prima c'erano il Ppi e i Ds, poi la sinistra e il centro, ora il Pd e la sinistra radicale. Sempre uniti e divisi dal trattino, da quel maledetto trattino".
In conclusione che consiglio darebbe a Veltroni?
"Più che un consiglio, un memento sulle sue responsabilità. Svolga la guida di un processo unitario, guidato da uno spirito di unità all'interno di regole condivise. Insomma, faccia il segretario. Se, come mi auguro, saprà essere il segretario democratico di tutti i democratici, tutti i democratici saranno con lui".

di Claudio Titto
http://www.repubblica.it/
del 29 ottobre 2007

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