Il vicesegretario Franceschini replica a Parisi sulla democrazia interna: purtroppo sa solo criticare.Non capisco perché Berlusconi non fa come noi: un partito unico. Magari gli prestiamo i gazebo...
ROMA - L´affondo di Parisi e della Bindi sulle primarie già "rimosse" nel Pd? «Critiche del tutto inesistenti. Sono segnali purtroppo di un vecchio vizio che ancora resiste: l´incapacità di fare squadra». Il centrodestra che respinge l´appello al confronto sulle riforme? «Insistiamo nel confronto. Di più. Mi chiedo perché la Cdl non faccia come noi, non costruisca cioè un unico partito conservatore, nostro interlocutore e antagonista. Scegliendo leader e organismi attraverso le primarie. Se vogliono, gli prestiamo i gazebo, qualche militante e possono anche copiare il nostro regolamento... ». Dario Franceschini, numero due del Pd, replica alle polemiche sul fronte interno e su quello esterno, e annuncia l´addio alla poltrona di capo dei deputati dell´Ulivo per dedicarsi al nuovo ruolo, «l´avevo promesso fin dal giorno in cui Veltroni mi propose di dargli una mano, è stato un mestiere bello ed entusiasmante, ma adesso il gruppo sceglierà liberamente il mio successore». Onorevole Franceschini, il Pd sarà un partito del leader? «Sarà un grande partito, che avrà al suo interno diverse posizioni. Non sarà perciò un partito identitario, né personale. Detto questo, se c´è una cosa di cui gli italiani sono stanchi, è la discussione infinita senza la capacità di decidere. Con il Pd abbiamo compiuto una scelta innovativa, che non ha precedenti in nessuna parte del mondo: l´elezione diretta del segretario, nelle mani di tre milioni e mezzo di persone, che gli hanno conferito il mandato e la forza di compiere delle scelte. Naturalmente sempre esercitando l´ascolto, la sintesi». Che secondo Arturo Parisi sono però venute a mancare, nella nomina degli organismi dirigenti. Chiede un passo indietro. Possibile? «Le decisione sono state votate a stragrande maggioranza dall´assemblea costituente. L´obiettivo è stato quello di imprimere una forte accelerazione al nostro cammino, ma in linea con il metodo che ci siamo dati, le primarie appunto». Anche se la Bindi sostiene che sono state cancellate per i segretari provinciali? «Non è così. Basta rileggere il dispositivo approvato. Il 23 novembre spariscono i segretari provinciali di Ds e Margherita, nascono i coordinatori provinciali del Pd, e saranno scelti dai delegati già eletti nelle primarie. Entro lo stesso mese nascono inoltre i gruppi unici consiliari. Poi, prima di Natale, gli elettori delle primarie saranno chiamati a scegliere gli organi territoriali del nuovo partito». La platea delle primarie per indicare i segretari comunali e quella dei delegati già eletti per scegliere invece i coordinatori provinciali? «Sì, per il momento, perché anche per i coordinatori provinciali potranno essere chiamati ad esprimersi gli elettori delle primarie, lo decideranno le varie regioni insieme al segretario nazionale. Un meccanismo di forte partecipazione, altro che primarie tradite. Non capisco perciò le polemiche. Anche se in fondo non mi stupisco». E perché non si stupisce? «Perché la notizia sarebbe che Parisi per una volta accetta una decisione, approvata quasi all´unanimità, senza minacciare di sbattere la porta». Sul partito senza tessere però mugugnano anche i popolari e la sinistra ds. «Serve il coraggio di cercare una forma partito nuova, diversa da quella del secolo scorso. Un doppio binario. Tenere insieme i "militanti permanenti" - quelli delle feste di partito per esempio o come i tanti che hanno dato l´anima per l´organizzazione delle primarie - con coloro che invece attivisti non sono e non intendono diventare. I non iscritti. Che possono e devono partecipare all´elezione dei leader o alle scelte tematiche con lo stesso peso degli iscritti. Vedremo in che forme, la discussione in commissione Statuto deve ancora cominciare». E le correnti, resisteranno? «Nel senso deteriore, di pacchetti di tessere detenuti da capibastone mai più. Come aree culturali diverse, è possibile. Un partito che raccoglie il voto di un italiano su tre, è un arcipelago, non un soggetto chiuso e identitario». Veniamo al confronto con l´opposizione. Il centrodestra rifiuta di incontrarvi, Udc a parte. Dicono: la vostra proposta di riforma elettorale è fumosissima. «Una parte prevalente del centrodestra pensa solo al voto, alle elezioni anticipate. Ma in aula a Montecitorio c´è una proposta sulle riforme istituzionali su pochi e ragionevoli punti (una sola Camera per fare le leggi e un Senato federale, più poteri al premier). E al Senato in commissione sulla riforma elettorale si registrano alcuni punti convergenti, come il no alla frammentazione e la dichiarazione delle alleanze prima del voto. Andiamo avanti nel confronto allora, il Pd non ha il compito di sfornare un testo preconfezionato. Nasce dal dibattito fra le forze politiche, nella sede propria, che è appunto quella parlamentare». Ma davvero vorrebbe esportare il modello Pd anche nel centrodestra? «E perché no? Dovrebbero fare proprio come noi. Costruire un unico partito conservatore con gli stessi meccanismi, sarebbe una grande svolta e una semplificazione straordinaria del nostro sistema politico. Dovrebbero chiamare alle urne alcuni milioni di persone per scegliere il loro leader attraverso le primarie, come abbiamo fatto nel centrosinistra con Veltroni. Hanno problemi di organizzazione? Vabbè, gli prestiamo qualche militante...».
di Umbreto Rosso
da La Repubblica
del 30-10-2007
ROMA - L´affondo di Parisi e della Bindi sulle primarie già "rimosse" nel Pd? «Critiche del tutto inesistenti. Sono segnali purtroppo di un vecchio vizio che ancora resiste: l´incapacità di fare squadra». Il centrodestra che respinge l´appello al confronto sulle riforme? «Insistiamo nel confronto. Di più. Mi chiedo perché la Cdl non faccia come noi, non costruisca cioè un unico partito conservatore, nostro interlocutore e antagonista. Scegliendo leader e organismi attraverso le primarie. Se vogliono, gli prestiamo i gazebo, qualche militante e possono anche copiare il nostro regolamento... ». Dario Franceschini, numero due del Pd, replica alle polemiche sul fronte interno e su quello esterno, e annuncia l´addio alla poltrona di capo dei deputati dell´Ulivo per dedicarsi al nuovo ruolo, «l´avevo promesso fin dal giorno in cui Veltroni mi propose di dargli una mano, è stato un mestiere bello ed entusiasmante, ma adesso il gruppo sceglierà liberamente il mio successore». Onorevole Franceschini, il Pd sarà un partito del leader? «Sarà un grande partito, che avrà al suo interno diverse posizioni. Non sarà perciò un partito identitario, né personale. Detto questo, se c´è una cosa di cui gli italiani sono stanchi, è la discussione infinita senza la capacità di decidere. Con il Pd abbiamo compiuto una scelta innovativa, che non ha precedenti in nessuna parte del mondo: l´elezione diretta del segretario, nelle mani di tre milioni e mezzo di persone, che gli hanno conferito il mandato e la forza di compiere delle scelte. Naturalmente sempre esercitando l´ascolto, la sintesi». Che secondo Arturo Parisi sono però venute a mancare, nella nomina degli organismi dirigenti. Chiede un passo indietro. Possibile? «Le decisione sono state votate a stragrande maggioranza dall´assemblea costituente. L´obiettivo è stato quello di imprimere una forte accelerazione al nostro cammino, ma in linea con il metodo che ci siamo dati, le primarie appunto». Anche se la Bindi sostiene che sono state cancellate per i segretari provinciali? «Non è così. Basta rileggere il dispositivo approvato. Il 23 novembre spariscono i segretari provinciali di Ds e Margherita, nascono i coordinatori provinciali del Pd, e saranno scelti dai delegati già eletti nelle primarie. Entro lo stesso mese nascono inoltre i gruppi unici consiliari. Poi, prima di Natale, gli elettori delle primarie saranno chiamati a scegliere gli organi territoriali del nuovo partito». La platea delle primarie per indicare i segretari comunali e quella dei delegati già eletti per scegliere invece i coordinatori provinciali? «Sì, per il momento, perché anche per i coordinatori provinciali potranno essere chiamati ad esprimersi gli elettori delle primarie, lo decideranno le varie regioni insieme al segretario nazionale. Un meccanismo di forte partecipazione, altro che primarie tradite. Non capisco perciò le polemiche. Anche se in fondo non mi stupisco». E perché non si stupisce? «Perché la notizia sarebbe che Parisi per una volta accetta una decisione, approvata quasi all´unanimità, senza minacciare di sbattere la porta». Sul partito senza tessere però mugugnano anche i popolari e la sinistra ds. «Serve il coraggio di cercare una forma partito nuova, diversa da quella del secolo scorso. Un doppio binario. Tenere insieme i "militanti permanenti" - quelli delle feste di partito per esempio o come i tanti che hanno dato l´anima per l´organizzazione delle primarie - con coloro che invece attivisti non sono e non intendono diventare. I non iscritti. Che possono e devono partecipare all´elezione dei leader o alle scelte tematiche con lo stesso peso degli iscritti. Vedremo in che forme, la discussione in commissione Statuto deve ancora cominciare». E le correnti, resisteranno? «Nel senso deteriore, di pacchetti di tessere detenuti da capibastone mai più. Come aree culturali diverse, è possibile. Un partito che raccoglie il voto di un italiano su tre, è un arcipelago, non un soggetto chiuso e identitario». Veniamo al confronto con l´opposizione. Il centrodestra rifiuta di incontrarvi, Udc a parte. Dicono: la vostra proposta di riforma elettorale è fumosissima. «Una parte prevalente del centrodestra pensa solo al voto, alle elezioni anticipate. Ma in aula a Montecitorio c´è una proposta sulle riforme istituzionali su pochi e ragionevoli punti (una sola Camera per fare le leggi e un Senato federale, più poteri al premier). E al Senato in commissione sulla riforma elettorale si registrano alcuni punti convergenti, come il no alla frammentazione e la dichiarazione delle alleanze prima del voto. Andiamo avanti nel confronto allora, il Pd non ha il compito di sfornare un testo preconfezionato. Nasce dal dibattito fra le forze politiche, nella sede propria, che è appunto quella parlamentare». Ma davvero vorrebbe esportare il modello Pd anche nel centrodestra? «E perché no? Dovrebbero fare proprio come noi. Costruire un unico partito conservatore con gli stessi meccanismi, sarebbe una grande svolta e una semplificazione straordinaria del nostro sistema politico. Dovrebbero chiamare alle urne alcuni milioni di persone per scegliere il loro leader attraverso le primarie, come abbiamo fatto nel centrosinistra con Veltroni. Hanno problemi di organizzazione? Vabbè, gli prestiamo qualche militante...».
di Umbreto Rosso
da La Repubblica
del 30-10-2007
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