mercoledì 21 ottobre 2009

(segue)..... L'AQUILA: DAL PURGATORIO.......ALL'INFERNO


Ritengo opportuno pubblicare questa richiesta di aiuto,(non posso altro che scrivere "AIUTO",potrei usare la parola "appello" ma è riduttiva, superficiale),inviatami dai volontari della Prociv dell'ARCI dell'Orvietano e di tutta Italia, che ancora oggi accudiscono e curano gli abitanti delle tendopoli de L'Aquila.


CHE SI PUO' FARE?

Cara Silvia,
ricordi il freddo di quella notte che ci sei venuta a trovare al campo di Pianola ad aprile oggi è lo stesso freddo di allora, l’unica differenza è che sono trascorsi quasi sette mesi e stiamo tornando verso al stagione invernale.
Ci dispiace molto che a soffrire questo freddo siano anche le persone ancora ospitate nelle tendopoli.
Hanno avuto le promesse, hanno coltivato speranze ed alla fine non hanno avuto risposte.

Nonostante ciò che dice la televisione, i campi non sono ancora chiusi e ancora oggi sono ancora ricoverate oltre quattromila persone. La cosa peggiore è che pur di chiudere rapidamente le tendopoli a queste persone vengono proposte soluzioni abitative temporanee lontane dal loro paese e anche dai loro animali. Dopo la data del trenta settembre, che era stata prevista per la chiusura delle tendopoli si è arrivati ad ipotizzare il trentuno di ottobre e purtroppo oggi siamo già al venti.

In questi giorni pur di ridurre al minimo la presenza nelle tendopoli sta prendendo piede un atteggiamento coercitivo del tipo: “io ti propongo la seguente località dove andare ad abitare in attesa che ti venga messo a disposizione un modulo abitativo….” Se accetti bene altrimenti se vuoi restare nella tenda restaci però il campo si chiude, si chiudono le utenze ed i servizi, ti lasciamo la tenda e ti arrangi…..

Penso che un atteggiamento di questo tipo non sia rispettoso della dignità di persone che oltre ad aver subito il terremoto si trovano oggi loro malgrado a pagare un prezzo ancora più alto per le scelte sbagliate assunte dal sistema nazionale di protezione civile asservito agli slogan televisivi.

Ricordi quando da principio si diceva in due mesi tutti fuori dalle tende? Ricordi quando si diceva non ci sarebbe stata la seconda fase (roulottes o containers) ma si sarebbero date case a tutti! Ricordi la televisione il ventinove settembre (fatidica data compleanno di papy) quando dalle immagini e dai commenti sembrava che tutti avessero risolto i loro problemi? Bè mia cara non è così, nelle tendopoli ci sono ancora tante persone che non accettano di andarsene “non per il piacere di rimanere in tenda”, ma perché non possono per motivi di lavoro di scuola o di reddito, oppure perché ci sono gli animali da accudire. Si narra anche che potrebbe essere usata la forza pubblica per lo sgombero dei campi.

Cara Silvia, pensi che sia possibile far conoscere queste notiziole a chi potrebbe avere capacità di intervento affinché ciò che sopra ti è stato elencato sia scongiurato! Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti.

L’ Aquila, lì 20 ottobre 2009

P.s. ricordi che noi abbiamo promesso agli ospiti del campo, che non li avremmo lasciati soli fino a quando anche l’ultimo non avesse avuto a disposizione una soluzione dignitosa….???? Siamo intenzionati a farlo siateci vicini.
Un saluto e un abbraccio.

PRIMARIE PD 25 ottobre 2009: VOTA LISTA CON "BERSANI E BOTTINI 09 PER L’UMBRIA"













1 DI GIROLAMO LEOPOLDO
2 GILIONI MARA
3 LIVIANTONI CARLO
4 FRINGUELLO SILVIA
5 BRUGNOLI ENRICO
6 CHERUBINI STEFANIA
7 CORSI SANDRO
8 VALENTINI FRANCESCA
9 OTTONE CARLO
10 BERRETTINI SONIA
11 GIOVANNETTI MARIO
12 BAGLIONI LORENA
13 BERNARDINI PIERO
14 BALDINI ALESSIA
15 VINCENZI PIERPAOLO
16 VAGAGGINI MARGHERITA
17 FATTORINI GIANFRANCO
18 DIAMANTI CINZIA
19 PROIETTI CLAUDIO
20 CHIRICO LUIGIA
21 TIRACORRENDO MASSIMO
22 CECERA BARBARA
23 SBARZELLA SERGIO
24 SARGENTI SANDRA
25 SPINELLI PIERLUIGI
26 VIALI DI FRANCESCO CRISTINA
27 GERMANI GIUSEPPE
28 MULAS VALENTINA
29 GIOMBOLINI GIANNI
30 ABBATE ROSARIA
31 GRIMANI LEONARDO
32 GRILLI ANNARITA
33 SPERANDEI MARCO
34 CAMILLUCCI SILVIA
35 GIACCHETTI EMILIO
36 CIUCHI LUCILLA
37 RUBINI GIOVANNI
38 BEVILACQUA ANNA MARIA
39 ALTERI GREGORIO
40 CROCE CRISTINA
41 RICCI ORIANO
42 CONTESSA MARCELLA
43 PICECCHI BRUNO
44 ZANDA MARIA PIA
45 RUGERI DAVID
46 LORI ALESSIA
47 VINCIARELLI MARCO
48 PETTIROSSI CHIARA
49 GUBBIOTTI EMIDIO MATTIA
50 MORTINI ANNARITA
51 DELLI GUANTI ANDREA
52 PETRE MINODORA
53 RICCI ANDREA
54 CASACOPPI LAURA
55 GRASSELLI ISAURO
56 MARCHETTI DESIREE
57 CASCIOTTA MIRKO
58 LIBERATI LAURA
59 FERRANTINI DOMENICO
60 PRESTA LOREDANA
61 PROIETTI GIORGIO
62 GABRIELLI ROSANNA
63 DOMINICI MASSIMO AZEGLIO
64 ARCANGELI MANUELA
65 PACIFICI FIORENZO
66 BASILICI VANIA
67 VENTURI ALESSANDRO



martedì 20 ottobre 2009

Rosy Bindi: «Per le donne c'è un problema di democrazia»

VERSO LE PRIMARIE/1. La vicepresidente della Camera è intervenuta al parco Gallo
«Su questo fronte presenterò a Bersani un conto alto Il botta e risposta con Berlusconi? Ho tolto il tappo a qualcosa che negli ultimi mesi stava crescendo»

Rosy Bindi a Brescia

Diventata senza premeditazione un'icona post-femminista, Rosy Bindi è arrivata a Brescia per appoggiare la candidatura di Pierluigi Bersani a segretario nazionale del Pd. Look austero, sguardo disteso, fermezza stemperata da un sorriso, ha incontrato alla cascina del parco Gallo giovani, amministratori locali e parlamentari bresciani in lista per le primarie del 25 ottobre.
«BERSANI È LA PERSONA giusta per costruire una grande alternativa di governo, attraverso un partito vero che ha alla base un progetto culturale forte per la società sui temi della crisi, della famiglia, del lavoro», ha spiegato Bindi, affiancata da Paolo Corsini e da Fabio Capra. È anche «l'uomo che sa parlare, oltre che al Paese, al Nord Italia in cui Brescia, città di tradizioni culturali che si rifanno sia alla matrice di sinistra che al mondo cattolico, rappresenta un grande modello di integrazione sociale».
Bindi ritiene che alle primarie di fine ottobre i risultati raccolti nei collegi che danno in testa Bersani verranno confermati, ma nutre la convinzione di fondo che «il nostro servizio alla democrazia per il Paese passa anche per la democrazia che riusciremo a realizzare nel partito, che deve conoscere un radicamento popolare e un programma solido per tornare a governare».
E il radicamento, per una donna e politica come Bindi, candidata nel 2007 alle primarie del Pd, confina stretto con il coinvolgimento dell'altra metà del cielo. «Esiste un problema politico vero e di democrazia che interessa le donne, non nascondo che mi sarebbe piaciuto, accanto alle tre candidature maschili alla segreteria, anche un intervento femminile», dice promettendo che «su questo fronte presenterò un conto alto a Bersani». Passi avanti come partito sono stati fatti, il 50 per cento di rappresentanza al femminile è stato un traguardo, «ma ora serve che il Pd si faccia carico della realtà quotidiana delle donne, dalla precarietà alle risorse sociali».
QUANTO AL BOTTA E RISPOSTA fra Bindi e il premier Berlusconi. «Credo di aver solo tolto il tappo a qualcosa che stava crescendo in questi ultimi mesi – si schermisce lei -. Non sono mai stata femminista, ma credo che in questa stagione, in cui il corpo femminile viene usato come biglietto di entrata nei palazzi del potere, le donne debbano riprendere la parola». Da parte di Corsini e del gruppo Pd bresciano è stata espressa solidarietà a Rosy Bindi per l'intervento del premier dalla Bulgaria, che ha ritenuto «di largo consumo» le battute rivolte alla parlamentare Pd, che è vice presidente della Camera. «Da tutta questa vicenda - chiosa lei - forse sta emergendo l'idea che non solo le donne non sono a disposizione del premier, ma che non lo è nemmeno l'Italia».

Fonte:Bresciaoggi.it - Lisa Cesco

domenica 18 ottobre 2009

"SIAMO ALLA FINE. QUESTO È L´8 SETTEMBRE" - L'AMARISSIMO SFOGO DI CARLO FRUTTERO

Testo tratto da un incontro di Pietro Citati con Carlo Fruttero per la Repubblica
Di Pietro

.... Qualche giorno fa, (Carlo Fruttero) l´ho trovato diverso: non più mestamente ironico, ma disperato, furibondo, collerico. Non l´avevo mai visto così. E dopo pochi minuti, trascorsi senza che la letteratura placasse e raddolcisse la sua anima, mi ha detto con voce alterata: «Siamo alla fine. Questo è l´otto settembre. Non vedi?».
Carlo Fruttero

E se io gli obbiettavo che il re e la regina non erano fuggiti a Brindisi, che i generali non avevano abbandonato a loro stessi un milione di soldati, e che non si vedevano ancora i carri armati nazisti, mi rispondeva con una voce sempre più acuta: «Non capisci. Non vedi. Non vuoi vedere. Non vedi che tutto si sta disgregando sotto i nostri occhi? Tutto è a pezzi, in rovina. Camminiamo tra i frantumi e i detriti. Non c´è più nulla che regga. Tutti blaterano. Tutti parlano per dire male. Non c´è pietà né comprensione. Dappertutto c´è rancore, odio, ferocia, senza che, in realtà, nulla distingua le idee degli uni da quelle degli altri. I magistrati calunniano i magistrati, gli uomini di chiesa gli uomini di chiesa. Tutti infieriscono contro tutti».


«Se penso ai democristiani di trenta o quaranta anni fa, continuò, mi sembrano dei giganti. Non riuscivo a distinguerli. Rumor era come Colombo, Bisaglia come Piccoli o Forlani. Avevano vissuto tra gli arcivescovadi, le sacrestie, le scuole e le associazioni cattoliche; e della loro esistenza nascosta conservavano una specie di profumo: un profumo di tisane, sonno, sudore, borotalco e marmellata di prugne.


Avevano la stessa faccia: un viso molle e un poco informe, il naso annegato tra le guance, i capelli tra il bruno e il biondiccio, gli occhi sbiaditi, un sorriso indeciso sulle labbra. Non ti guardavano negli occhi. Ti stringevano fiaccamente la mano. E, se cominciavano a parlarti, guardavano dall´altra parte».

«Non esibivano nessuna verità perentoria: le loro parole si perdevano in un bisbiglio materno e rassicurante. Non amavano la forza: né le costruzioni, i programmi, le decisioni, i progetti. Avevano un´idea passiva della politica. Lasciavano che le cose accadessero, e le assecondavano con una mano molle e paziente.

E se qualcuno si levava contro di loro, un istinto profondo li spingeva a non offrire resistenza, ad arretrare e ad abbarbicarsi al suolo. Finché il nemico si estendeva troppo, si spossava, si sfiniva; e allora essi lo avvolgevano, lo penetravano, lo trasformavano a poco a poco in loro stessi, con quell´arte dell´assimilazione in cui erano maestri. Era il metodo con il quale Kutuzov, in Guerra e Pace, sconfigge Napoleone».

«Pensa a cosa sono i politici di oggi: a sinistri demagoghi come Umberto Bossi e Antonio Di Pietro. Allora, gli elettori li avrebbero presi a calci. Non avrebbero nemmeno tollerato che si presentassero alle elezioni. Li avrebbero cancellati dalle liste elettorali».

«Oggi, in Italia, non esistono più uomini politici. Ne esiste uno: Giorgio Napolitano, che regge da solo sulle spalle l´intero paese. Se non ci fosse lui, tutto crollerebbe. Io non amo la politica, lo sai. Detesto quella mescolanza di forza, segreto, ipocrisia, arte del compromesso, che forma il carattere degli uomini politici. Esecro la loro presunzione di condurre la storia, come se guidassero una carrozza a cavalli.

Ma, mai come in questi anni, mi rendo conto che l´arte della politica è necessaria. Ci vuole la durezza, la tensione, la pazienza, il dono del futuro, il giusto orgoglio, la discrezione, il silenzio, che possedevano uomini come De Gasperi. Oggi sono qualità completamente assenti».

«Guardali, i politici del 2009. Vogliono soltanto una cosa: apparire, esibirsi, esaltarsi: naturalmente alla televisione. Sono figli della televisione, che li ha completamente contagiati e contaminati. Chiaccherano. Non hanno peso né riserve. Sono irreali, come la televisione. Pensano che il gradimento televisivo sia tutto, mentre non importa nulla. Non sanno fare né preparare. Tra pochissimo, non li vedremo più. All´improvviso scompariranno, insieme al nostro paese: come un corteo di nuvole, come un´accolita di fantasmi».

Fruttero si arrestò. Forse si vergognava di aver parlato tanto, e di aver alzato la voce, come un padre della patria. Si sedette. E cominciammo a parlare delle lettere che Flaubert aveva scritto per anni a Louise Colet, al tempo di Madame Bovary.

sabato 3 ottobre 2009

Le quote rosa sono necessarie, ma che "fallimento della politica"

di Nicola Persico (www.lavoce.info)

Una recente decisione del Tar impone la modifica della giunta provinciale di Taranto perché la sua composizione, oggi tutta al maschile, viola lo Statuto della provincia, secondo cui “il presidente nomina i componenti della giunta, (...) così da assicurare la presenza di entrambi i sessi”.
La decisione del Tar è ineccepibile: la legge è legge, e la giunta di Taranto va modificata. Però il caso solleva due questioni generali: 1) se imporre quote rosa in politica sia bene o male; 2) come mai le quote rosa siano necessarie, cioè quale “fallimento della politica” renda necessario un intervento ad hoc.
Identità e merito - Sulla prima questione, il ministro Carfagna ha optato per un doppio carpiato dialettico: “Un buon amministratore, un politico attento, dovrebbe (...) garantire un'adeguata rappresentanza della componente femminile in ciascun organismo, a prescindere dalle quote rosa alle quali sono sempre stata contraria. Se questa sensibilità viene a mancare, (...), ben venga un intervento del Tar a rimettere le cose a posto”. (2) In altre prole, il ministro è categoricamente contraria alle quote rosa tranne, perbacco, quando vi sono troppe poche donne. Questo sofisma fa sorridere. Ma noi, semplici cittadini senza responsabilità istituzionali, come dobbiamo orientarci?
La risposta non è scontata. In generale, sono molto diffidente verso quote di qualsiasi colore perché mandano il messaggio sbagliato: che il merito non conta e che la strada verso il successo è di soffiare sul fuoco della “politica delle identità”. Gli Stati Uniti, con una ben diversa eredità di discriminazione, sono andati per questa strada. Ma se negli Usa il criterio del merito è ampiamente condiviso e dunque può sopravvivere a eccezioni occasionali, in Italia lo è meno, e perciò dovremmo stare ancora più attenti a intervenire in processi che hanno una loro efficienza interna.
In questo caso, però, si può ragionevolmente argomentare che il processo politico che opera nella formazione di una giunta provinciale in Italia non è necessariamente un processo orientato verso l’efficienza. Sospetto che molti italiani sosterrebbero che rimpiazzare alcuni consiglieri con altre persone, chiunque esse siano, non sarebbe fatale per l’efficienza delle province. Se i rimpiazzi sono donne, ben venga.
Questo argomento è incompleto. Molti dei nostri consiglieri provinciali sono sicuramente validi e, soprattutto, sono stati eletti anche dalle donne, che infatti votano circa quanto gli uomini. Bisogna quindi essere più riflessivi. Bisogna prima argomentare che i consiglieri donne si comporterebbero in maniera diversa dagli uomini, e poi spiegare perché allora le donne non sono elette.
Perché poche donne in politica - Sul primo punto ci viene in aiuto un interessante studio di Ebonya Washington, dell’università di Yale. Lo studio dimostra che i membri del Congresso Usa, per lo più uomini, votano più frequentemente a favore della libertà di scelta riproduttiva (cioè dell’aborto) quando hanno una maggiore percentuale di figlie femmine. Siccome la percentuale di figlie femmine è presumibilmente indipendente dall’orientamento politico, l’interpretazione è che avere piu’ figlie femmine sensibilizza i padri alle problematiche femminili. (3) Lo studio dimostra rigorosamente ciò che il buon senso suggerisce: che un politico fa proprie, almeno in parte, le preferenze del suo gruppo di riferimento. E dunque, se l’esperienza del Congresso Usa è rilevante per la realtà italiana, i consiglieri donne si comporterebbero in maniera diversa dagli uomini, almeno in certe dimensioni.
Ma se le donne in politica sono diverse dagli uomini, perché allora la polis non riesce a esprimere le prospettive femminili attraverso il normale processo elettorale? Se queste prospettive sono popolari, quali forze impediscono alle donne di eccellere nell’agone elettorale?
Il presidente della provincia di Taranto suggerisce una risposta: dichiara che, nel suo caso, le indicazioni dei partiti non comprendevano donne. Se ciò è vero, allora la mancanza di donne in politica riflette un fenomeno più profondo e forse indica un “fallimento della politica”: i partiti interpongono un filtro fra le preferenze degli elettori e i politici che finiscono per essere eletti. In Italia, come in molti altri paesi, i votanti possono eleggere solo chi è ammesso nelle liste di partito. Il controllo delle liste ha effetti molto profondi sul tipo di personale politico che le nostre polis riescono a esprimere.
Secondo questa prospettiva, la scarsità di donne in politica è sintomo di una politica che non rappresenta le preferenze degli elettori. Sarebbe bello e utile che la grancassa sulle quote rosa in politica si trasformasse in una occasione per dibattere questo “fallimento della politica” riconoscendone i profondi effetti sulle politiche che vengono attuate e magari per pensare a opportuni interventi sulle strutture interne dei partiti.
Insomma, in politica le quote rose sono sicuramente meno peggio che in altri settori e magari possono essere anche utili. Ma meglio sarebbe allargare il dibattito alla capacità dei partiti di riflettere le preferenze dei votanti.

(1) - Lo statuto della provincia accoglie una norma del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali per cui “gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme [...] per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia [...]”. La norma stabilisce un fine, ma non specifica come perseguirlo. Lo statuto provinciale di Taranto ha accolto una interpretazione forte, da “quote rosa” del Testo unico.
(2) - “A Taranto il Tar azzera la giunta senza donne” di Laura Squillaci, Il Sole 24Ore del 25 settembre 2009.
(3) - "Female Socialization: How Daughters Affect Their Legislator Fathers' Voting on Women's Issues," American Economic Review, 2008, 98, 1, 311-332.
01 ottobre 2009
" Il primo compito del Partito Democratico deve essere quello di restituire credibilità alla politica". Rosy Bindi