di Rosy Bindi (colloquio con Federico Geremicca, La Stampa)
È il giorno del suo compleanno. Trattandosi di una signora, l'età - naturalmente - non si dice: quel che invece si può dire è che per Rosy Bindi quello di ieri non è stato tra gli anniversari più felici, turbata e ferita com'è da tutto quel che il caso-Eluana ha frullato assieme, allargando il solco tra il suo partito e la Chiesa, e perfino tra i cattolici che militano gomito a gomito nel Pd. Ferita, ma non rassegnata. Anzi, al solito, duramente reattiva.
E per questo, se è vero che c'è una questione che le sta a cuore sopra tutte le altre, prima c'è una cosa - una di quelle che ti restano là, senza andare né su né giù - della quale si deve liberare. E naturalmente lo fa: anche perché è una buona via per introdurre, poi, la questione principale. «Io non ho problemi a riaffermare - dice - che Berlusconi ha usato la vita della povera Eluana per altri fini. Ma anche dentro il mio partito, all'ombra della discussione sulla libertà di voto, c'è chi cerca di giocare la sua partita. E' la politica della bandierina cattolica dentro il Pd. Della serie: questo partito, nel suo insieme, non è un interlocutore per le gerarchie ecclesiali, ma dentro il Pd c'è qualcuno col quale parlare. E naturalmente anche su questo terreno ci si lottizza reciprocamente: qualcuno telefona a Fioroni, qualcun altro a Rutelli; poi Rutelli chiama qualcuno, Binetti qualcun altro... E si fa a gara per arrivare prima o per vedere se è rimasto qualche piccolo spazio da occupare».
L'amarezza e la preoccupazione di Rosy Bindi sono grandi, perché intorno al destino di Eluana ha visto accadere cose che non pensava possibili, e mai emerse con tale disarmante nettezza. E' questa la questione principale. Il ruolo dei cattolici in politica; quello dei cattolici all'interno del Pd; e la funzione della Chiesa, naturalmente: alla quale segnala - da credente impegnata in politica - un pericolosissimo errore di valutazione. «Quando nel giorno del decreto su Eluana e dello scontro che ne è seguito ho ascoltato Sacconi, Quagliariello e Bondi dire "oggi è nato il Pdl", mi è parso chiaro che ritengono di aver chiuso il cerchio. Ad una destra dal pensiero debole, è stato offerto il completamento del suo trittico: paura, liberismo straccione e quindi i valori, che sono ciò che mancava. Stanno costruendo la loro identità prendendo a prestito la parte che fa comodo di quella che chiamano civiltà cristiana. Inaccettabile. E non dovrebbe esserlo solo per noi...».
Ad offrire il completamento del trittico - è implicito - sono state le prese di posizione delle gerarchie ecclesiali: scese in campo con una durezza senza precedenti. E' un problema serio: ma nessuno se ne può sorprendere, secondo la Bindi. Spiega: «Senza nostalgie, bisogna dire che tutto origina dalla fine della Democrazia Cristiana, partito dei cattolici ma laico, attraverso il quale lo stesso messaggio della Chiesa veniva considerato, elaborato e trasformato in scelta politica. Non è che prima i vescovi non parlassero: solo che c'era uno strumento, un partito, capace di tradurre quella legittima parola in scelte politiche. Finita la Dc - continua - la Chiesa ha avviato una interlocuzione diretta con le istituzioni del Paese: e non è certo una critica dire che l'interprete di questo processo sia stato monsignor Ruini. E' stato lui a farsi carico di questo passaggio, dando alla Chiesa italiana una sua soggettività politica: una soggettività utilizzata per trattare ora su questo ora su quel singolo tema. Non è un inedito. Infatti, se escludiamo la breve esperienza del partito di Sturzo, bisogna dire che i cattolici, prima della Dc, non sono stati poi così spesso portatori di un progetto politico per il Paese».
Non è un inedito, ma è ugualmente un errore, assicura Rosy Bindi. «Sturzo era in posizione minoritaria quando fece il Partito popolare, perché la stragrande maggioranza dei cattolici preferiva trattare posti in Parlamento o leggi che interessavano. Fu allora che disse "no, signori miei, qui si fa un partito non perché siamo cattolici ma perché abbiamo una proposta politica". Del resto, il momento della vita del Paese nel quale i cattolici hanno maggiormente esercitato la loro influenza, non è certo stato quando hanno fatto un referendum, per poi magari perderlo: è stato quando hanno scritto la Costituzione. E da lì, tutto il resto. Io lo so che su questo si può non essere d'accordo... Le racconto un aneddoto. Una volta, un alto prelato mi disse "bravi, avete portato i comunisti al governo". Io risposi: "E abbiamo fatto una grande opera di democrazia, eminenza, se mi permette". Infatti, oggi domando: il pensiero politico dei cattolici avrà avuto pur un peso, se questo è uno dei pochissimi Paesi nei quali la tradizione della sinistra, prima comunista, è riuscita ad evolversi arrivando a trasformarsi in una forza di governo?».
Avrà avuto certo un peso: ma il problema non è il passato. Il problema è il peso che i cattolici hanno oggi all'interno del Pd, la loro convivenza con l'anima laica e di sinistra, l'influenza sul profilo e sulla linea generale del partito. Rosy Bindi non è pessimista: «Nella vicenda di Eluana, della legge proposta e poi accantonata dal governo e del testo cui stiamo lavorando oggi, nessun cattolico del Pd può gridare alla marginalizzazione. Senza umiliare nessuno, la strada scelta - quella dell'"orientamento prevalente" - fa della linea del partito una linea pluralista. Io lo so che tra di noi - sia cattolici che laici - c'è chi avrebbe preferito un'altra via: voi cattolici votate come vi pare, intanto il partito va da un'altra parte. Ma io non sono un ospite nel Pd, non mi va bene fare la dissidente, c'è un novanta per cento del testo elaborato sul quale l'accordo è generale e considero questo un grande risultato, perché siamo un partito giovane. Ciò che non è condiviso è affidato alla libertà di coscienza. Non starei mai in un partito che non mi riconosca la libertà di coscienza, ma non mi accontento di stare in un partito solo per rivendicare libertà di coscienza. Certo, se poi si utilizzano questioni delicate per altri scopi, allora tutto diventa più difficile».
E si torna all'avvio: alle bandierine cattoliche. Rosy Bindi lancia un avvertimento rivolto alla parte laica del suo partito. «Non ci si può accontentare di avere dei cattolici che fanno nel Pd quello che gli altri fanno in altri partiti identitari, magari per assicurarsi una fetta di elettorato. Bisogna avere ambizioni più alte: ricostruire un progetto politico che, laicamente e nel rispetto di ogni autonomia, sia interlocutore anche per la Chiesa e il mondo cattolico. La sfida del Pd è tutta qui. E attenzione, perché posizioni del tipo "purtroppo di questi cattolici dobbiamo tener conto", aiuta i disegni di chi vuol continuare a tenere la sua bandierina cattolica in mano. Dunque, anche i laici del Pd devono fare la propria parte. Io farò la mia. Ma due cose devono esser considerate certe - conclude -. La prima è che non si può continuare a stare nel Pd avendo la testa da un'altra parte e pensando sempre di fare un'altra cosa. La seconda è che la Chiesa non può immaginare di consegnare la sua dottrina cattolica nelle mani di Quagliariello e Berlusconi. Ma che questo non avvenga, dipenderà anche da noi...».
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