giovedì 19 novembre 2009

SEGUE "DONNE SCOMODE": Rosy, la sacerdotessa dell'antiberlusconismo teologico



Non ho parole........A presto. Silvia

www.ragionpolitca.it di Gianteo Bordero - Giornale del PDL

mercoledì 18 novembre 2009

Rosy Bindi dovrebbe ringraziare Silvio Berlusconi: se il presidente del Consiglio non l'avesse apostrofata in diretta tv servendosi della battuta inventata qualche anno fa da Vittorio Sgarbi («Lei è più bella che intelligente»), probabilmente non sarebbe mai stata scelta per ricoprire la prestigiosa carica di presidente del Partito Democratico. E non sarebbe mai divenuta - lei, la casta e castigata cattolica della Val di Chiana, l'intransigente e bacchettona responsabile dell'Azione Cattolica - la nuova icona del femminismo gauchista, la paladina delle donne che resistono al rozzo maschilismo berlusconiano e che «non sono a disposizione» del Principe. Le recenti fortune politiche della Pulzella di Sinalunga sono dunque dovute, oltre che alla sua scelta di sostenere il cavallo vincente Bersani nella corsa alla segreteria del Pd, anche a una buona dose di grazia ricevuta proprio dal suo nemico numero uno.

Rosy, del resto, è sempre stata la teorica di quel tipo di antiberlusconismo che ha assunto, in parte del mondo cattolico, connotati finanche teologici: l'uomo di Arcore veniva (e viene) criticato non in ragione delle sue idee e proposte politiche, dei suoi programmi elettorali, bensì in quanto persona-simbolo di quella cultura individualista, edonista, scollacciata e godereccia che, nell'analisi dei catto-democratici, adulti e dossettiani, sarebbe all'origine del degrado morale che infesta la Penisola da almeno trent'anni a questa parte, cioè dalla nascita della tv commerciale con le sue trasmissioni «diseducative» e contrarie ai principi della dottrina cristiana. Insomma, questo antiberlusconismo ha finito con l'identificare in Berlusconi non un avversario politico da combattere con strumenti politici, ma l'icona stessa del Male da debellare con le scomuniche a mezzo Famiglia Cristiana, gli anàtema dai pulpiti, i vade retro e così sia. Il Sillabo di Pio IX, di fronte a tanto zelo dogmatico e anti-moderno, appare come un testo all'acqua di rose che pecca di ottimismo e moderatismo.

Non deve dunque stupire che oggi la Bindi, nella sua seconda giovinezza politica dopo quella che la portò alla ribalta nazionale come volto nuovo della Dc onesta e incorrotta negli anni cupi di Tangentopoli, cerchi di far fruttare politicamente questo suo antiberlusconismo da crociata, duro e puro, senza se e senza ma. Chi meglio di lei, infatti, dopo i casi Noemi, D'Addario e via gossippando, potrebbe incarnare quel tratto moralistico e perbenistico che non ha mai abbandonato la sinistra italiana nella sua versione post-comunista? Cosciente di ciò, Rosy la rossa ci marcia sopra senza indugi e tentennamenti. E poco importa se il segretario da lei stessa sostenuto cerchi, non senza indecisioni, di prendere le distanze dall'antiberlusconismo di principio che ha segnato le gesta del suo predecessore e in nome del quale Tonino Di Pietro cerca di erodere consensi al Pd al fine di presentarsi come il vero leader dell'opposizione... A tenere alta la bandiera del fondamentalismo anti-Cavaliere in casa democratica ci pensa lei, la pasionaria che non fa sconti a niente e a nessuno, la papessa del cattolicesimo adulto e responsabile, la sacerdotessa della probità (e della prodità) morale e sessuale.

Bastava ascoltarla l'altra sera, su Rai3, durante il programma Linea Notte, mentre recitava, di nero vestita, i misteri dolorosi del suo rosario antiberlusconiano: «Non abbiamo bisogno degli inviti di Di Pietro per mostrare il nostro antiberlusconismo»; «non mancheranno le nostre piazze, saranno molte di più»; «stiamo passando dalle leggi ad personam alle legislature ad personam»; «Berlusconi è imbarazzante non solo per l'opposizione, ma lo è per il paese e per la sua stessa maggioranza»; «il paese non può sopportare un conflitto d'interessi così invasivo e così permanente»; «anche oggi c'è una tentazione di cesarismo, c'è qualcuno (Berlusconi, off course, ndr) che vorrebbe il paese a propria disposizione». Ha voglia, Bersani, a prendere le distanze dall'Italia dei Valori, dai toni urlati e dai modi rozzi del suo leader, e ad invocare il ritorno a un confronto civile sulle questioni concrete nelle aule parlamentari, quando poi la presidentessa del suo stesso partito non sa proferire verbo politico alcuno al di là dell'avversione dogmatica, sistematica e preconcetta all'uomo di Arcore! La verità è che, mentre Pierluigi sussurra, la sua amica Rosy grida al paese quello che, ad oggi, è ancora l'unico punto programmatico del Pd, l'unica certezza che qualifica la sua proposta nell'anno di grazia 2009: far fuori dalla scena politica e dalla vita civile dell'Italia il leader del Pdl e tutto ciò che egli rappresenta. Gira che ti rigira, è sempre lì che torna la sinistra nostrana. Lì dove la Bindi l'aspetta: sulle sponde dell'antiberlusconismo totale.

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" Il primo compito del Partito Democratico deve essere quello di restituire credibilità alla politica". Rosy Bindi