giovedì 3 aprile 2008

GRANDE LUCIANA !


Cesare Fiumi per il “Corriere della Sera Magazine"


«C’è questa amica, una chirurga. No, non sono tante le donne chirurgo in Italia, purtroppo. Beh, c’è questa amica che mi racconta: “Luciana, non immagini che faccia fanno i pazienti uomini, quando comunico loro che sarò io a operarli”. Il sorriso che va, l’imbarazzo che viene. Già, perché le donne dovrebbero fare altro, mica metterti le mani addosso. Per tagliuzzarti, poi. Noi andiamo bene soltanto per cambiare la padella. Eh no, troppo comodo».

L.L. è in forma, anche se ha fatto la notte in bianco, perché il bambino più piccolo ha avuto la febbre. E parlare di donne – di quello che le donne non dicono, «perché non glielo lasciano dire o nessuno glielo chiede» – è come fare palestra agli attrezzi preferiti: fanciulle al volteggio e maschi alla sbarra.
Ché vola basso, cocorito, il tormento dell’ultimo spot, è in fondo il suo modo divertito di invertire le rotte dei ruoli, sponsorizzando la propria compagnia di bandiera. «Anche se noi donne abbiamo esagerato. Vogliamo lavorare ma anche fare le madri, magari avere una carriera ma anche cucinare, avere il tempo per le amiche e pure quello per noi stesse, oltre naturalmente alle altre tremila cose che pretendiamo di fare ogni giorno. A un certo punto abbiamo avuto voglia di tutto quello che prima non potevamo avere».

Quasi un’incontinenza trasgressiva. «Solo che, alla fine, ad andare fuori giri, anche il piacere di fare le cose si appiattisce, si azzera. Così stiamo scoprendo che la vera trasgressione è la normalità». È un’icona, a suo modo, Luciana Littizzetto: «va sempre di moda, si porta sempre bene», ironizzano al Foglio.

E piace pure al pubblico maschile, anche se maltratta il maschio, perché si mette allo stesso livello, linguaggio incluso, volgarità ammessa: «All’inizio mi accorgevo che ai miei spettacoli ridevano solo gli uomini. C’era come un disagio femminile ad accettare i miei testi, specie su certi argomenti. Adesso è cambiato tutto: “digliele alla Chiesa, cantagliele ai politici”. Le più scatenate oggi sono le donne».

Di cui L.L. fa la portavoce senza averne l’aria. Epperò annusandola, in modo da capire quella che tira. Una portavoci, a essere precisi, visto che ogni giorno la signora fa il pieno di ascolti. No, niente a che vedere con quelli che porta a casa la domenica sera a Che tempo che fa, sbilanciandosi pericolosamente sulla scrivania di Fabio Fazio e, altrettanto pericolosamente, su faccende che in tv solo un comico-donna riesce a trattare in quello che, per molti telecittadini, è diventato «lo spazietto della laicità».
Un monologare con angolo-caricatura – dieci minuti inquadrati in tutto - dove cucinare, speziando di provocazioni e pure di parolacce («se, secondo me, uno spara una cazzata, io lo dico senza giri di parole») le indignazioni della settimana. Gli ascolti decisivi di Luciana Littizzetto, 43 anni, diploma in pianoforte al Conservatorio e laurea in lettere a Magistero, nove anni di insegnamento e sei in analisi, sono altri.

«Comincio al mattino, quando porto i ragazzi a scuola. Davanti a quel cancello succede di tutto. In pochi minuti le mamme sono capaci di mettere su un Porta a Porta su qualsiasi argomento di interesse reale. Vita quotidiana, intendo: quella che i politici spesso non sanno dove stia di casa. Ma a volte sono dei veri e propri Ballarò accalorati e si arriva anche al faccia a faccia tipo-Annunziata, quando la mamma di turno parcheggia il Suv sul marciapiede.

E io sto con le orecchie aperte, sento, registro, riporto. Poi tocca al supermercato: spunto lì davanti come una nutria direttamente dalla scuola, a volte aspetto pure che apra. A quell’ora, in coda, ci sono solo pensionati e pensionate. E lì si parla di altre questioni vitali: i soldi, la spesa, la sanità. I giovani? Quelli li incontro sul sito o il sabato su radio Deejay». Un’antenna su tre generazioni: difficile andare fuori tema, la domenica.

A PROPOSITO DI EMINENZ
C’è un gioco, nel suo sito, molto praticato dai visitatori: Se Luciana fosse…sarebbe… Tipo: se Luciana fosse un film sarebbe Mary Poppins (postato da Elisa). Si tratta, insomma, di riempire i vuoti, un po’ come ha fatto lei, inventandosi difensora-televisiva della laicità, da quando «indignata per l’invito del cardinal Ruini a disertare il referendum sulla fecondazione assistita, ho cominciato a ironizzare su Eminenz e sulle sue intromissioni nella mie scelte di donna e di cittadina, chiedendogli a quel punto lumi su tutto».
Fino al tormentone: scusi Eminenz, a Natale, pandoro o panettone? «È roba seria il rapporto con la Chiesa. Perché lo tratto io e non altri? Bella domanda. Forse perché, a differenza di tanti politici, io non ho niente da perdere. Resto comunque un saltimbanco, che vuole continuare a essere la cialtrona che è». Da ex prof a supplente, insomma. «Mal digerita da molti, però: ho uno zoccolo duro di contestatori, che scrivono al sito». Anche se l’unico a tuonare a viso aperto, ai tempi, fu Mastella: «Spero che la Littizzetto la smetta con Eminenz», ma poi l’ha smessa prima lui.

«Perché me lo lasciano fare, alla Rai? Forse perché non offendo mai la religione né chi crede, non ho malignità in tasca e neppure retro-pensieri. Ci mancherebbe, ho avuto una formazione cattolica: da ragazzina ho frequentato gli oratori e i preti di strada, qui a Torino, facendo volontariato. È solo che oggi non riconosco più le parole della Chiesa di allora: “Eri nudo e ti ho vestito” è diventato “Eri finocchio e non ti voglio vedere”. Forse è per questo che proprio tra i cattolici va crescendo un l’anticlericalismo».

Se Luciana fosse il Vaticano sarebbe attenta a non impicciarsi nelle vicende dello Stato italiano (Gian Gottardo). Uno Stato dove domenica si vota. Quote rosa? Voto imprescindibilmente femminile? Oppure le donne in politica restano comunque espressione di un capo o di un partito? «No, donne in gamba ce ne sono. Ma poi alcune si comportano come i maschi e ti fanno cadere le braccia. Come quelle candidate, rigorosamente bipartisan, che finiscono sui giornali perché dichiarano di preferire il perizoma. Ma che me ne frega a me, cosa indossi. Non è per quello che ti voto.

Non devi neppure rispondere a domande simili. E invece c’è questa voglia di piacere, di fare le simpatiche, tali e quali i loro leader. Ma io ti scelgo perché sei autorevole”. E non autoreggente o meno. «Ma faglielo capire. Eppure ce n’è di donne che m’ispirano fiducia. Una come la Finocchiaro per esempio: mi va bene ministro ma anche giudice o insegnante: ecco vorrei un mondo di Finocchiaro.

Poi c’è la Bonino, una dura. La Prestigiacomo? Beh, ha pianto quando il suo partito l’ha lasciata sola sulle quote-rosa, vuol dire che ci credeva. Lo so: stavolta c’è il primo candidato premier donna, la Santanché. Cosa dire? Sui manifesti, a guardarla, sembra una mistica, una santa. E magari lo è», sorride L. L.. Memore di quella dichiarazione della signora, andata oltre il dilemma sul perizoma: “Per fare carriera, io non l’ho mai data».
Da far le scarpe alla Littizzetto, la domenica sera. Se Luciana fosse un politico sarebbe l’unico da votare (Roberto). «Un appello alle donne, alla vigilia delle elezioni? Andate a votare, c’è bisogno di voi. Ma non farei campagna per un voto rosa. Anche se una donna vorrei vederla eletta: Hillary. E con Obama vice. Sarebbero una bella coppia, ciascuno capace di portare la sua esperienza e di parlare a un pezzo d’America. Ma non succederà: se il buon senso suggerisce una cosa, la politica di solito prende un’altra strada.

Eppure una presidente degli Stati Uniti mi farebbe sentire più sicura: secondo me una donna non userebbe mai l’atomica. Troppo casino, un gran disordine, chi è che rimette tutto a posto, poi?». In Italia per ora te la scordi una presidente, concorda L.L. Intanto è femminile la Confindustria.

«Dove a votare sono soprattutto uomini: mi sembra una bella notizia. La Marcegaglia mi pare una tosta, che però fa anche la mamma. Spero che, nei suoi confronti, non usino mai quell’immagine che invece certe manager sono fiere di sentirsi ripetere: “Quella c’ha le palle”. Ma si può? È come se, di un uomo di successo, dicessero: “quello è proprio uno con le tette”. A ciascuno la sua sfericità».

Se Luciana fosse un farmaco sarebbe un antidepressivo (Barbara). Eppure piccole bulle crescono. Ragazzine che mutuano dai maschi violenza e volgarità. Solo nell’ultima settimana: un sottufficiale della Folgore condannata per nonnismo; bande rosa che derubano le coetanee in classe e spaccano il naso a chi non ci sta. Gli uomini avranno fatto scuola, ma le donne studiano da prime della classe: ci sono un bel po’ di Minchia Sabbry in giro.

«Quel personaggio, ero agli inizi, è arrivato troppo presto. Ma avevo appena finito di insegnare e di Minchia Sabbry erano già piene le classi: figlie dell’emigrazione, spesso col genitore in galera. Ragazzine che quando entravi in aula, ti squadravano: “E tu, che minchia mi rappresenti?”. Lì ho capito che potevo recitare: se ti fai ascoltare in classe, ti ascoltano anche nella vita. E comunque, anche lì, l’unico argine sono le donne, perché scatta un effetto-madre: magari ti ribelli, ma con la prof ci parli.
Al prof maschio invece manca poco che lo attacchino al muro: e proprio le bulle, che lui non sa come prendere. Sono ragazze che non possono usare la bellezza per fare colpo: diciamo la verità, se le guardi, non ce n’è una figa. E per farsi accettare dai maschi, li imitano. Coerenti al messaggio dei media, oggi tiriamo su ragazzine carine vestite da micromignotte e brutte ragazzine che menano».

CHE TRISTEZZA LE DONNE MOGLI ALLA SPITZER
Chirurghe e deputate, manager e insegnanti. Sembra che manchino le madri, però. «Ai figli abbiamo concesso tutto e i ragazzi non hanno più desideri. Un bel problema». Ma c’è un posto dove mettere una donna, capace di mettere le cose a posto? «Forse ci vorrebbe una papessa. O almeno delle prete: sacerdoti donne, che tra l’altro porterebbero benissimo l’abito lungo».

E cominciare dalle mogli dei preti, visto che sull’argomento la Chiesa già discute? “Per carità, finirebbero tutte come la moglie del governatore Spitzer: a far compagnia al marito mentre quello confessa ai fedeli di aver peccato. No proprio delle prete vorrei. Perché le suore, e io ci ho studiato dalle suore e ne so qualcosa, si fanno un mazzo tanto, ma non sono considerate: devono ubbidire e non possono neppure mandarti a quel paese». (Postato da Alberto), in cerca di guai: se Luciana fosse l’eccezione sarebbe la regola.

fonte: www.dagospia.com

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