Donne imprenditrici: il boom contro la crisi
In un anno cinquemila aziende in più
Creativa risposta alla crisi? Scommessa vincente? Forse. Di fatto, le donne che si lanciano nella sfida dell' imprenditoria sono sempre di più, nonostante leggi carenti o bloccate, reti di sostegno inadeguate, banche poco disponibili, mutui senza agevolazioni... L' anagrafe delle imprese in rosa negli ultimi dodici mesi ha un sorprendente segno positivo all' interno di un frenetico turn over: sono 5.523 le imprese che tra giugno 2007 e giugno 2008 si aggiungono all' universo dell' imprenditoria femminile, raggiungendo un numero complessivo di 1.243.824 aziende attive. Un aumento certo non vistoso (+0,45 per cento) che tuttavia spicca se paragonato all' immobilità del tessuto imprenditoriale del Paese; in altre parole grazie alle donne il saldo segna zero, senza di loro sarebbe stato negativo. Sono le conclusioni cui giunge l' Osservatorio dell' Imprenditoria femminile, un' indagine semestrale di Unioncamere sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio. In forte trasformazione la formula giuridica scelta dalle neo imprenditrici (gettonate le società di capitale, di persone, cooperative e consorzi, con un aumento complessivo di 13.831 unità) accanto alla diminuzione delle imprese individuali (meno 8.308), soluzione che resta comunque di gran lunga la più diffusa, con 861.932 ditte attive in Italia. Cambia anche il profilo settoriale: si riduce il numero delle aziende nell' agricoltura e nel commercio (circa 8 mila in meno) mentre sempre più dinamico si rivela il settore dei servizi alle imprese, ovvero attività immobiliari, noleggio, ricerca, informatica (6.132 in più), oltre ai mercati relativamente inediti per le donne delle costruzioni e dei trasporti. Aumenta poi il numero delle «capitane» impegnate nelle tradizionali attività della ristorazione e dei servizi alla persona (benessere e cura, sport e spettacoli), il raggruppamento più «femminile», con quasi un' impresa ogni due amministrata da una donna. Esemplare, in questo senso, l' esperienza di Cristina Dotti che nel gennaio 2008 ha aperto a Robecco sul Naviglio, vicino a Milano, l' asilo nido «Dado». «Portavo mia figlia più piccola in una struttura del Pianeta bambini e vedevo la professionalità e la cura delle donne che lo gestivano (hanno 15 nidi in Lombardia, tutti al femminile meno uno). Così ho iniziato a far loro da ufficio stampa, poi abbiamo colto al volo l' occasione di un concorso comunale per dare in affidamento una struttura a Robecco, ed eccomi qua». Una bella sfida per una mamma di tre figli («dopo aver aperto il nido sono rimasta single e con un' azienda da inventare»), partita con 7 piccoli utenti, che oggi sono diventati 26. «Il mio break even sarebbe 35 - spiega -, quando poi arriverò a 48 mi permetterò due giorni di vacanza». La cosa più complicata? «L' organizzazione familiare, hai sempre l' impressione di togliere qualcosa ai tuoi figli, ma proprio perché sono piccoli non riuscivo a ricollocarmi in un' azienda, finivo per pagare in baby sitter tutto quello che guadagnavo». Essere imprenditrice ha significato flessibilità e libertà. «Non lavoro certo meno ma in orari più adatti a me». Un altro dato eclatante nella mappa delle neo imprenditrici è la fortissima vitalità delle immigrate con il 71 per cento delle nuove ditte (ben 3.921) guidate da una donna extracomunitaria (cinesi al primo posto, seguite da marocchine e nigeriane, con ucraine ed albanesi fra le più dinamiche). Nella graduatoria regionale vince invece il Lazio, dove si concentra il 46,6 per cento delle «neonate», seguito da Lombardia e Campania (rispettivamente con 1.739 e 1.038 imprese in più). E proprio in Lombardia, sta per nascere Imprendium, un portale web rivolto a 68 mila imprese femminili di Milano e Provincia. «Aiutare le imprese femminili a mettersi in rete, ovvero ad attivare partnership, ideare progetti comuni, partecipare a gare nazionali e internazionali - dice il presidente della Camera di Commercio milanese, Carlo Sangalli - significa contribuire a valorizzare una realtà che ha un grande potenziale di crescita, creatività e innovazione». E il Sud? Resta, per ora, escluso dal trend positivo (il numero delle imprese femminili si riduce infatti di 1.142 unità). Controcorrente, forse grazie a un' incredibile «ostinazione» la storia di Alessia Bauleo e delle sue due socie, tutte e tre biologhe ex precarie, che festeggiano a Cosenza i 10 anni di «Biogenet», laboratorio di diagnostica e genetica. «Grazie alla legge 215/92 abbiamo ottenuto i finanziamenti per lo start up e un mutuo agevolato, poi ce le siamo dovute cavare da sole. E nel 2004 è arrivato come una mannaia il blocco della possibilità di accreditarsi con il Sistema sanitario nazionale, che ci ha fatto perdere moltissimi clienti perché le nostre indagini sono davvero costose, ma abbiamo fatto causa alla Regione e un mese fa la Corte Costituzionale ci ha dato ragione! Ora speriamo in una svolta». Chi ce la fa e chi chiude, perché il ciclo vita-morte è spesso rapidissimo, soprattutto per le ditte individuali come il minuscolo laboratorio artistico di découpage e stencil «Lazzi e spilli», aperto ad Avigliano, nel Potentino, da Ines Martinelli. «Ho resistito 3 anni, e con un sacco di soddisfazioni, ma ora ho detto basta, troppo duro barcamenarsi tra la concorrenza estera e l' assenza quasi totale di turismo. Per fortuna mi sono riciclata come geometra». In effetti «non è tutto oro quel che luccica», come sottolinea Daniela Eronia, da un mese presidente del Comitato per l' Imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Foggia. Alla guida di CIA' T (Centro Indipendente di AnimazioneEconomica Territoriale), srl di consulenza per attrazione di investimenti, la Eronia osserva: «In provincia di Foggia esistono 18.500 imprese femminili, ma le ditte individuali sono la stragrande maggioranza, mentre ben poche sono le donne a capo di società di capitale, o tanto meno nei consigli di amministrazione. E quante sono semplici partite Iva aperte in sostituzione di un rapporto di lavoro che manca?». Con una figlia 26enne e un lavoro senza orari, trova gli ostacoli maggiori nella burocrazia, nell' assenza di servizi di supporto e, non ultimo, nel blocco della legge 215. Mette in guardia dalle improvvisazioni anche Idanna Matteotti, che presiede la cooperativa milanese di servizi culturali ed educativi «Giostra» (60 soci e un fatturato annuo di circa 1 milione di euro). «Non basta dire: ma sì mettiamoci insieme, bisogna reggere la sfida del mercato. Il turn over è alto anche nelle cooperative spesso molto piccole, e la situazione si aggrava nel rapporto con i Comuni, oggi al collasso. Resta eclatante il dato delle extracomunitarie che spesso adottano proprio la formula cooperativa, gradita per la sua flessibilità su orari, modi, spazi». È appena stata pubblicata la nuova graduatoria dei progetti approvati in base alle legge 125/91 che fra gli obiettivi ha proprio quello del consolidamento delle imprese femminili. «Sono azioni positive molto importanti in questo momento - prosegue Idanna Matteotti, componente del Comitato Nazionale di Parità che ha valutato le proposte - come sono stati essenziali i primi interventi a favore del credito bancario, ma occorre incidere sulle regole, sul cuore del sistema, pari rappresentanza, accesso anche privilegiato in via temporanea». Giovanna Pezzuoli
Pezzuoli Giovanna
dal Corriere della Sera
3 commenti:
Dalle sue parole si evince la sua straordinaria riservatezza,nonchè la sua naturale cristiana umiltà!
Si ma se non sbloccano i fondi della 215 non come faranno tutte le imprenditrici che hanno investito, pensano ad Alitalia e alla Fiat ma a tutte queste realtà chi ci pensa?
Assolutamente d'accordo con lei. Mi piace questa idea, sono pienamente d'accordo con te.
E 'vero! Penso che questo sia una buona idea.
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