domenica 18 aprile 2010

"PD, L'INCOMPIUTO"




Museo del Louvre di Parigi - NAPOLEONE BONAPARTE (INCOMPIUTO)

Alessandro Fanfoni
PD, l'incompiuto

Così come si è acceso tanto repentinamente si è spento. L’eterno ritornello del partito federale, del partito del nord, del partito dei territori, del partito dei partiti – sbucato questa volta dal logoro cilindro di un professore un po’ smemorato – ha disegnato la medesima traiettoria di sempre: appena lanciato, è immediatamente precipitato. La realtà è che il Pd del nord non lo vuole fare nessuno. E tutto deve continuare ad essere saldamente e fallimentarmente nelle mani della stessa classe dirigente.
Non vogliamo qui stracciarci le vesti per il trattamento ricevuto dalla proposta Prodi. Il professore, infatti, arriva in ritardo e in maniera estemporanea su un tema – la questione settentrionale declinata secondo una variante progressista - che, senza voler gareggiare, il presidente e fondatore del CFP, Massimo Cacciari vox clamantis in deserto, così come il direttore, Nicola Pasini, conoscono e hanno praticato molto bene e molto prima, quando i segnali di "cedimento strutturale" al nord erano già evidenti e forse arginabili.
Non vogliamo nemmeno sostenere dogmaticamente che la soluzione federale sia la panacea di tutti i mali. Soprattutto perché una cura buona quindici o dieci anni fa, non è detto che goda della stessa credibilità e efficacia oggi che la malattia – un misto di rigidità, autoreferenzialità, autoconservazione di una gruppo dirigente, autoconsolazione culturale - così lungamente trascurata si è cronicizzata.
Certo, il partito fondato su un patto federale andava, andrebbe nella giusta direzione, almeno formalmente. Ma poi bisogna metterci le persone e i contenuti e non tutto quello che è locale è bello. Insomma: direzione giusta, intensità insufficiente, tempo ormai scaduto. In un certo senso allora, si potrebbe dire che la proposta Prodi abbia ricevuto il trattamento che meritava.
Ma il problema non è il professore (problema già risolto da tempo). La questione resta questo strano incompiuto, un partito il cui paradosso è presto detto: tanto grande al punto da non poter essere considerato marginale, ma talmente appiattito su "una storia" e sul destino di una classe dirigente in declino da risultare impermeabile a ogni novità di sostanza. Ingombrante e irreformabile.
Come aggirare l’ostacolo dunque? Da dentro o da fuori? Da dentro sembra una contraddizione in termini. Da fuori, sembra un lungo viaggio, un'impresa "per chi non ha fretta" (Pasini).
Anche se le cose dovessero precipitare (un'improvvisa e autolesionistica rottura della maggioranza?), una variabile esogena quale lo show-down tra Berlusconi e Fini saprebbe produrre uno shock sufficiente per innescare un mutamento virtuoso della compagine democratica o non rafforzerebbe invece la convinzione che la strategia del sit&wait sia quella vincente, rinviando così ancora una volta i conti con la realtà?
Le fibrillazioni nella maggioranza, la sempre più insostenibile incrinatura dell'alleanza tra Berlusconi e Fini esasperata dal crescente cuneo leghista è l'altra faccia dell'attendismo dell'opposizione: insieme, restituiscono il ritratto di un sistema politico al bivio tra la radicale affermazione delle attuali identità e dei conseguenti rapporti di forza, e il rimescolamento in forma inedita delle stesse.

FONTE:www.formazionepolitica.org

Nessun commento:

" Il primo compito del Partito Democratico deve essere quello di restituire credibilità alla politica". Rosy Bindi