Rosy Bindi, che ne pensa delle proposte di Rutelli?
«Io veramente ho visto una sola di proposta. Poi ho sentito dire che dobbiamo dettare l’agenda politica. Ma non vedo alcun punto programmatico significativo»
Vuol dire che l’unica novità dei "coraggiosi" è l’accordo con l’Udc?
«Hanno chiarito che dopo la vocazione maggioritaria che aveva abbandonato al suo destino la sinistra radicale ora si lascia anche Di Pietro e il nuovo conio altro non è che l’alleanza con l’Udc».
E non va bene?
«Guardi, dopo una sconfitta così pesante prima di pensare alle nuove alleanze bisogna capire come costruire il partito, come fare opposizione. A Montecatini invece hanno giustificato tutto con il fatto che non abbiamo sfondato al centro e quindi ora cerchiamo un altro partito cui assegnare il compito di intercettare i moderati. Così paradossalmente proprio loro condannano il Pd a fare la sinistra».
Quindi quando si tornerà al voto si può replicare la formula seguita pochi mesi fa?
«Davanti a noi ci sono cinque anni. Io, alle ultime elezioni, mi sarei impegnata a ricostruire un quadro di centrosinistra. Non è stato possibile. Tutte le nostre scelte sono state dettate da una forte accelerazione. Accelerazione sul Pd, sul segretario, sul voto, sulla vocazione maggioritaria. Prima di parlare del nuovo quadro di alleanze, sperimentiamo insieme l’opposizione e vediamo quali proposte politiche siamo in grado di costruire alle prossime amministrative. E poi con l’Udc ci sono un bel po’ di cose da chiarire».
Tipo?
«Casini è alleato con il centrodestra a livello locale. Rutelli si ricordi che a Roma ha perso anche perché la base Udc ha festeggiato con Alemanno e con quelli che facevano il saluto fascista. Poi, certo, anche a me la piazza di Di Pietro non è piaciuta. Ma nemmeno l’astensione dell’Udc sul Lodo Alfano. E sul decreto sicurezza che faranno? Qualcuno si vuole astenere? Con Cuffaro in Sicilia come si comporta? Mi fa piacere che Casini la pensi come noi sulle impronte dei bambini rom, ma non dimentico che qualche anno fa voleva sparare sugli scafisti. E non posso accettare che dica: "non mi siedo al tavolo con il Pd se c’è Di Pietro e Rifondazione". Non facciamoci dettare la linea da lui».
Quindi esclude un’intesa con i centristi?
«Assolutamente no. Ma i nostri interlocutori prioritari stanno nel campo del centrosinistra. Non escludo la possibilità di ricucire con la sinistra radicale. Non ci possiamo permettere di sospendere il confronto con Di Pietro. Mi preoccupa più la svolta autoritaria in atto che i toni di Piazza Navona. E poi c’è un altro problema».
Ossia?
«Non vorrei che Rutelli, più che pensare al futuro del Pd, si preoccupasse di precostituirsi una sua via d’uscita».
Cioè?
«L’idea che, se non nasce il Pd che vuole, si possa costruire un altro progetto politico. Legittimo, figuriamoci. Ma non è invece legittimo rinunciare a costruire il Pd come partito plurale di centrosinistra che si rivolge a tutto l’elettorato».
Lei parla di una scissione?
«Io penso che noi siamo fatti per stare insieme, ma nessun partito sopporta posizioni tanto divaricate come rischiano di esserci nel Pd. Adesso stanno venendo al pettine le ambiguità delle primarie».
Chi altri ipotizza un Pd spostato a sinistra che si allea con il centro?
«Quelli che pensano al modello tedesco».
Ce l’ha con D’Alema e con il convegno organizzato oggi da ItalianiEuropei e altre fondazioni?
«Non ce l’ho con D’Alema. Ma chi prefigura il modello tedesco insieme a Udc e Prc sicuramente espropria gli elettori del potere di scegliere le coalizioni. Il Pd è nato per qualificare il bipolarismo e non per inquinarlo».
A questo punto non conviene convocare subito il congresso?
«C’è già il congresso tematico. Si sceglierà lì la linea politica e si andrà avanti. Ne frattempo cerchiamo di ristabilire un dialogo più profondo con il Paese. E concentriamoci sui problemi delle famiglie».
«Prendono le distanze. Ma a loro ricordo che in politica, oltre che aumentare il numero di coloro dai quali siamo distanti, bisogna pure indicare a chi si è prossimi. Altrimenti la sorte è segnata: l’isolamento».
14 Luglio 2008
di Claudio Tito - da LA REPUBBLICA
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