Io, Silvia Fringuello, appartenente a pieno titolo alla mia era contemporanea ed a quella della successiva generazione: separata, anni 45, 2 figlie, Matilde 21 anni e Rachele 18, dopo 27 anni ho dovuto cambiare lavoro, ho un nuovo lavoro! Sono presidente della cooperativa “Progetto Adeia”, socia lavoratrice con contratto “atipico” ( occorre risparmiare siamo agl’inizi! Per una della mia età un “normale” contratto di lavoro è un lusso, anche per lo stesso datore di lavoro ! ) Passioni, fin da ragazzina, la politica: membro della conferenza nazionale –regionale – provinciale delle donne del PD, dell’esecutivo regionale della conferenza delle donne regionale del PD, della direzione regionale e provinciale del PD, presidente dell’associazione femminile “Emily in Italia in Umbria” e mi sento tanto impotente…ma ancora colma d’iniziativa e tanto libera di pensare ed agire.
Tutti i giorni per almeno due volte, raggiungo la zona industriale di Bardano per recarmi alla sede della mia cooperativa che si trova accanto alla Grinta ed alla MManifatture, ovvero nello stabilimento dell’ex-Lebole. Le mura di quel luogo, raccontano la storia delle oltre 200 donne che vi lavoravano negl’anni ‘70, sono impregnate del loro sudore, provocato dall’effetto serra d’estate a causa delle altissime vetrate che circondano l’immobile e dallo stressante lavoro a catena, ma traspirano anche dei sogni avverati e dei progetti realizzati da quelle donne, grazie a quel duro ed appagante lavoro. Ricordo perfettamente, ero una bambina, la passeggiata sul piazzale delle donne della Lebole durante la pausa pranzo, così come la loro occupazione della fabbrica dal momento che andò in crisi, ho memorizzato le bandiere e lo striscione rosso con su scritta una frase che andava a coprire parte delle altissime vetrate, chissà, forse avevano pensato di unire l’utile al dilettevole, caratteristica prettamente femminile ovvero, di ripararsi un po’ dal sole o dal freddo.
Oggi come allora. Fino a poco tempo fa più di cento donne, negli ultimi mesi 67, lavoravano nella Grinta e 30 nella MMManifatture, alcune alla pausa pranzo camminavano lungo tutto lo stabilimento, altre preferivano rimanere dentro, i locali sono stati controsoffittati e quindi le condizioni ambientali del luogo di lavoro sono più salubri e più vivibili, ma hanno continuato ad impregnarsi del sudore del duro lavoro a catena e traspirano ancora sogni, speranze e progetti, ahimè ancora da realizzare, visto che entrambe le realtà erano di recente apertura e quindi le donne non hanno avuto il tempo materiale per poter concretizzare le loro aspettative. Il futuro infranto ! Zero prospettiva! All’orizzonte il buio assoluto ! Si, questo è ciò che pensano le donne dello stabilimento della ex-Lebole.
E’ da molti giorni che le lavoratrici della MManifatture presidiano la fabbrica, notte e giorno, hanno affisso le bandiere della CGIL ed uno striscione rosso che per farlo vedere meglio, fin dalla strada provinciale, è appeso sull’altissima vetrata con su scritto “ORVIETO UN FUTURO DI LAVORO CHE NON C’E’”. Sono in perenne riunione, in un locale a pian terreno, lo hanno allestito con tavoli e letti e sono lì a difendere il loro lavoro, a pretendere di poter vivere dignitosamente e a conquistare una prospettiva di crescita individuale e sociale. Non mollate, continuate la vostra battaglia !
Sono andata a trovarle per esprimere tutta la mia solidarietà, la mia piena disponibilità a fare qualsiasi cosa fosse in mio potere, ho chiesto anche se fosse stato utile dormire lì con loro. Maria Rita Paggio, la prima donna segretaria di un sindacato ad Orvieto, mi ha presentata quale presidente dell’associazione Emily in Italia Umbria, anche lei ne fa parte è una delle socie fondatrici, in quel momento il mio stato emotivo era un misto d’emozione e di imbarazzo, il nodo alla gola m’impediva di parlare serenamente. Mentre le parole uscivano dalla mia bocca, cercavo di analizzare il mio disagio e poi ho capito. La solidarietà da parte di tutto il mondo politico locale e regionale, i messaggi rincuoranti di tutte le parti sociali, le pacche sulle spalle, portare il dolcetto al loro buffet permanente, le cene confortanti, sono tutte azioni lodevoli, che sicuramente tengono alto lo spirito e l’animo di queste donne, ma non sono sufficienti.
Corsi e ricorsi della storia. All’epoca la quasi totalità delle donne della Lebole vennero reintrodotte nel mondo del lavoro grazie ad una manciata d’imprenditori orvietani che decisero di continuare l’esperienza del tessile e che purtroppo dopo circa vent’anni alcuni dovettero chiudere a causa della nuova crisi economica ma grazie anche alla politica che, attraverso finanziamenti pubblici, semplificazione burocratica e garanzie, permise di creare un nuovo sviluppo. Ad oggi, sul nostro territorio, non colgo indicazioni tese a rigenerare un nuovo sviluppo, abbiamo un’imprenditoria ed una mente imprenditoriale “spenta” con poca propensione al rischio e poca iniziativa, fatta eccezione per pochissime realtà, che però non soddisfano le esigenze occupazionali e non producono economia di scala ed una politica che ancora deve capire quale è l’alternativa a ciò che è stato, è passato ed è morto, quindi inefficace. Un esempio: la Regione Umbria nei documenti di programmazione economica (ci sono i soldi!) ha indicato il nostro territorio quale luogo per la realizzazione della filiera produttiva per il riciclo del rifiuto e nessuno si muove, forse aspettano che l’Acea della situazione o che la città di Terni prendano l’iniziativa! Segnali politici già ce ne sono, a Terni già si parla di riciclo del rifiuto e sui documenti politici programmatici per il territorio provinciale, di Orvieto se ne parla soltanto in termini “turistici” e poco più.
ORVIETO UN FUTURO DI LAVORO CHE NON C’E’! Le donne della MManifatture hanno ragione!Agire, occorre agire. Non è più tempo delle soluzioni calate dell’alto, come la manna caduta dal cielo, l’iniziativa ,il cambiamento e la determinazione sia nella forma individuale che collettiva sono la ricetta per far fronte a questa nuova epoca. Sarà la capacità di rigenerarsi, di evolversi, di adeguarsi alle nuove condizioni, di produrre in modo diverso pensiero ed azioni , di riscoprire di far parte di un tutt’uno e di una collettività a far si che una nostra singola iniziativa produrrà una causa, un effetto ed una azione, su l’intero sistema socio-economico.Io e le donne della Zona industriale di Bardano lo abbiamo capito! Prendiamo iniziativa, siamo determinate, difendiamo il nostro lavoro e siamo pronte al cambiamento, ad investire sul nostro futuro, consapevoli di appartenere ad un contesto socio-economico dal quale dipendiamo ma che nel contempo è a noi sottomesso, dal quale siamo sfruttate ma che contemporaneamente sfruttiamo, dal quale riscuotiamo e con tanta generosità prontamente rendiamo.
Il tempo è scaduto, insieme dobbiamo recuperare. Per mantenere l’attuale stato economico e limitare la crisi, la classe dirigente dell’orvietano, politica ed imprenditoriale, deve assolutamente ricercare ed attivare ogni risorsa disponibile. Per ottenere il massimo risultato nei confronti delle istituzioni regionali e provinciali e diffondere fiducia e credibilità ai privati che hanno interesse ad investire sul nostro territorio, necessita istituire un tavolo permanente composto da tutte le parti sociali che trovi soluzioni rapide ed efficaci e che progetti un nuovo modello di sviluppo. E’ soltanto con l’impegno di tutti noi e la determinazione nelle scelte, che potremmo tornare a vivere un “ ORVIETO DOVE UN FUTURO DI LAVORO C’E’ !”
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