venerdì 12 marzo 2010
ELEZIONI REGIONALI 2010: NOI DEMOCRATICI DAVVERO, SOSTENIAMO L'ORVIETANO
Comunicato Stampa
I “Democratici davvero” per la provincia di Terni, riunitesi congiuntamente in tutte le sue componenti comunali, vista la fase storica che vive Orvieto nella sua crisi d’identità territoriale e quindi di ruolo in Umbria, assumendo su di se la scelta di ridare forza, visibilità e valenza politica al comprensorio dell’orvietano, individua in Fausto Galanello il candidato ideale al consiglio regionale dell’Umbria.
Fausto Galanello rispettoso delle culture fondative del Partito Democratico, della pluralità espressione del cattolicesimo democratico e della sinistra democratica e liberale, può dare un orizzonte di cambiamento allo scenario politico attuale ed in particolare alla città di Orvieto. Egli ha un valore simbolico riferito alla sua città identitaria alla vicenda tormentata della politica orvietana e al tempo stesso per il suo valore unitario, che scaturisce dalla decisione unanime del PD dell’orvietano.
Facciamo appello a tutte le anime del centro sinistra dell’orvietano, di sostenere la candidatura al consiglio regionale dell’Umbria del Partito Democratico a non disperdere il consenso ma bensì ad accentrarlo, affinché l’elezione di Fausto Galanello possa costruire una nuova stagione di sviluppo e di buona pratica politica dei quali benefici ne godrebbe l’intera collettività.
Orvieto lì 12 marzo 2010
I Democratici davvero
lunedì 8 marzo 2010
8 MARZO 2010 FESTA DELLA DONNA: IL GIORNO DEL BILANCIO
STATO DELL'ARTE IN ITALIA
* L’indice GEI è elaborato come contributo alla Commissione dell’ONU sullo Stato delle Donne
PARITÀ DI GENERE: SI POLARIZZA IL DIVARIO TRA UOMO E DONNA
Lo rivela l’Indice sulla Parità di Genere, calcolato dalla rete internazionale Social Watch nel rapporto “People First”. L’Italia scende dal 70° al 72° posto.
Le differenze tra uomo e donna non si riducono, mentre cresce la distanza tra i paesi più virtuosi e quelli in cui la discriminazione è maggiore.
Lo rivela l’Indice di Parità di Genere (GEI)*, sviluppato e calcolato per il 2009 dal Social Watch, network presente in oltre 60 nazioni. Il GEI analizza la disparità tra i sessi, classificando 157 paesi in una scala in cui 100 indica la completa uguaglianza tra donne e uomini.
I valori più alti nell’Indice di Parità di Genere sono attribuiti alla Svezia (88 punti). Seguono Finlandia e Ruanda – entrambi con 84 punti nonostante l’enorme differenza in termini di ricchezza tra i due paesi. Poco al di sotto si classificano Norvegia (83), Bahamas (79), Danimarca (79) e Germania (78). L’indice dimostra quindi che un alto livello di reddito non è sinonimo di maggiore uguaglianza e che anche i paesi poveri possono raggiungere livelli di parità molto elevati, sebbene uomini e donne vivano in condizioni non facili. In questa speciale classifica, l’Italia scende rispetto al 2008 dal 70° al 72° posto, con un valore di 64 punti, collocandosi subito dopo paesi come Grecia, Slovenia, Cipro e Repubblica Dominicana (66).
Confrontando il dato dell’Italia con la media europea (72), emerge il ritardo del nostro paese nel raggiungere un’effettiva uguaglianza di genere.
“L’indice della parità di genere rivela se una società sta evolvendo verso una maggiore equità di genere o rimane ferma. La mancata riduzione del divario nei diritti tra uomo e donna conferma la miopia dei governi. La distinzione tra paesi del cosiddetto Sud del mondo e quelli del Nord sviluppato è sempre più sfumata”, afferma Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia. “La promozione della parità tra i sessi è uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: i nostri dati dimostrano che quell’obiettivo invece di avvicinarsi si sta allontanando”.
Nelle prime 50 posizioni dell’indice sono compresi i due terzi dei paesi dell’Unione Europea, ad esclusione di paesi come Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia e Italia. Tra i primi 50, c’è inoltre una significativa rappresentanza di paesi in via di sviluppo, tra i quali Filippine, Colombia, Tanzania e Thailandia.
L’insufficiente progresso nella riduzione della disparità di genere ha portato, in molte realtà, a una crescente polarizzazione: mentre nei paesi dove l’uguaglianza è maggiore si registra una tendenza verso il miglioramento, gli Stati con livelli di discriminazione più elevati evolvono in modo negativo. É il caso dell’America Latina e dei Caraibi, da una parte, e dell’Asia Orientale e del Pacifico, dall’altra.
La situazione di estrema disuguaglianza tra uomo e donna è stata aggravata dall’attuale crisi economica. Le donne, infatti, sono più esposte alla recessione globale perché hanno minore controllo della proprietà e delle risorse, sono più numerose nei lavori precari o a cottimo, percepiscono minori salari e godono di livelli di tutela sociale più bassi.
L’ONU riferisce che il tasso globale di disoccupazione femminile potrebbe arrivare al 7,4%, contro il 7,0% di quella maschile. Ciononostante, il Social Watch ricorda che la crisi non presenta soltanto sfide, ma anche l’opportunità di cambiare l’architettura finanziaria globale e definire politiche innovative, basate sull’equità e sul rispetto dei diritti.
Più istruzione, meno lavoro
L’indice GEI è composto da una serie di indicatori della disparità di genere che coprono tre dimensioni: l’istruzione, la partecipazione all’attività economica e l’empowerment (concessione di pieni poteri alle donne).
L’analisi del divario nei tassi di alfabetizzazione e di iscrizione a scuola dei diversi paesi mostra che i progressi registrati nella sfera dell’istruzione sono di gran lunga maggiori rispetto a quelli registrati nelle altre dimensioni della parità di genere. Nell’accesso agli spazi decisionali e nell’esercizio del potere, invece, la disuguaglianza tra uomini e donne è più evidente: non c’è un solo paese dove le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini di partecipare ai processi economici o socio-decisionali. I progressi nella partecipazione all’attività economica registrati nel 2008, infine, sono stati completamente azzerati nel 2009. In particolare nella regione dell’Africa subsahariana.
Fonte: www.manitese.it
* L’indice GEI è elaborato come contributo alla Commissione dell’ONU sullo Stato delle Donne
PARITÀ DI GENERE: SI POLARIZZA IL DIVARIO TRA UOMO E DONNA
Lo rivela l’Indice sulla Parità di Genere, calcolato dalla rete internazionale Social Watch nel rapporto “People First”. L’Italia scende dal 70° al 72° posto.
Le differenze tra uomo e donna non si riducono, mentre cresce la distanza tra i paesi più virtuosi e quelli in cui la discriminazione è maggiore.
Lo rivela l’Indice di Parità di Genere (GEI)*, sviluppato e calcolato per il 2009 dal Social Watch, network presente in oltre 60 nazioni. Il GEI analizza la disparità tra i sessi, classificando 157 paesi in una scala in cui 100 indica la completa uguaglianza tra donne e uomini.
I valori più alti nell’Indice di Parità di Genere sono attribuiti alla Svezia (88 punti). Seguono Finlandia e Ruanda – entrambi con 84 punti nonostante l’enorme differenza in termini di ricchezza tra i due paesi. Poco al di sotto si classificano Norvegia (83), Bahamas (79), Danimarca (79) e Germania (78). L’indice dimostra quindi che un alto livello di reddito non è sinonimo di maggiore uguaglianza e che anche i paesi poveri possono raggiungere livelli di parità molto elevati, sebbene uomini e donne vivano in condizioni non facili. In questa speciale classifica, l’Italia scende rispetto al 2008 dal 70° al 72° posto, con un valore di 64 punti, collocandosi subito dopo paesi come Grecia, Slovenia, Cipro e Repubblica Dominicana (66).
Confrontando il dato dell’Italia con la media europea (72), emerge il ritardo del nostro paese nel raggiungere un’effettiva uguaglianza di genere.
“L’indice della parità di genere rivela se una società sta evolvendo verso una maggiore equità di genere o rimane ferma. La mancata riduzione del divario nei diritti tra uomo e donna conferma la miopia dei governi. La distinzione tra paesi del cosiddetto Sud del mondo e quelli del Nord sviluppato è sempre più sfumata”, afferma Jason Nardi, portavoce del Social Watch Italia. “La promozione della parità tra i sessi è uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: i nostri dati dimostrano che quell’obiettivo invece di avvicinarsi si sta allontanando”.
Nelle prime 50 posizioni dell’indice sono compresi i due terzi dei paesi dell’Unione Europea, ad esclusione di paesi come Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia e Italia. Tra i primi 50, c’è inoltre una significativa rappresentanza di paesi in via di sviluppo, tra i quali Filippine, Colombia, Tanzania e Thailandia.
L’insufficiente progresso nella riduzione della disparità di genere ha portato, in molte realtà, a una crescente polarizzazione: mentre nei paesi dove l’uguaglianza è maggiore si registra una tendenza verso il miglioramento, gli Stati con livelli di discriminazione più elevati evolvono in modo negativo. É il caso dell’America Latina e dei Caraibi, da una parte, e dell’Asia Orientale e del Pacifico, dall’altra.
La situazione di estrema disuguaglianza tra uomo e donna è stata aggravata dall’attuale crisi economica. Le donne, infatti, sono più esposte alla recessione globale perché hanno minore controllo della proprietà e delle risorse, sono più numerose nei lavori precari o a cottimo, percepiscono minori salari e godono di livelli di tutela sociale più bassi.
L’ONU riferisce che il tasso globale di disoccupazione femminile potrebbe arrivare al 7,4%, contro il 7,0% di quella maschile. Ciononostante, il Social Watch ricorda che la crisi non presenta soltanto sfide, ma anche l’opportunità di cambiare l’architettura finanziaria globale e definire politiche innovative, basate sull’equità e sul rispetto dei diritti.
Più istruzione, meno lavoro
L’indice GEI è composto da una serie di indicatori della disparità di genere che coprono tre dimensioni: l’istruzione, la partecipazione all’attività economica e l’empowerment (concessione di pieni poteri alle donne).
L’analisi del divario nei tassi di alfabetizzazione e di iscrizione a scuola dei diversi paesi mostra che i progressi registrati nella sfera dell’istruzione sono di gran lunga maggiori rispetto a quelli registrati nelle altre dimensioni della parità di genere. Nell’accesso agli spazi decisionali e nell’esercizio del potere, invece, la disuguaglianza tra uomini e donne è più evidente: non c’è un solo paese dove le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini di partecipare ai processi economici o socio-decisionali. I progressi nella partecipazione all’attività economica registrati nel 2008, infine, sono stati completamente azzerati nel 2009. In particolare nella regione dell’Africa subsahariana.
Fonte: www.manitese.it
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